Glossario

Aberrazione sferica Aberrazione cromatica Alluminatura Apertura:
Cella Collimazione Coma Configurazione Schmidt Configurazione Newton Configurazione Cassegrain Coppia Vite-Corona Crociera
Encoder
Flessioni differenziate
Gruppo fotografico
Lama di Focault Lastra correttrice Luminosità Lunghezza d'onda
Metodo di Ronchi Moto orario
PEC Periodismo Profondità di fuoco
Ricerca automatica
Sbordatura Superficie asferica
Telescopio



Aberrazione sferica:
in uno specchio sferico un raggio parallelo al suo asse ottico, proveniente da una sorgente all'infinito posta sull'asse stesso, converge in un punto tanto più vicino allo specchio, quanto più è distante dall'asse stesso. L'insieme dei raggi paralleli che costituisce il fronte d'onda dà così origine ad una figura di rivoluzione denominata "caustica" . Per semplicità si dice che la lunghezza focale di uno specchio sferico equivale alla metà del suo raggio di curvatura. In realtà, per oggetti all'infinito, uno specchio sferico non ha un fuoco ben definito, bensì infiniti fuochi distribuiti all'interno della caustica.

Aberrazione cromatica:
è l'aberrazione caratteristica di un obiettivo composto da una singola lente. Il vetro di questa ha, nei confronti delle radiazioni luminose di diversa lunghezza d'onda, indici di rifrazione diversi che producono lunghezze focali diverse. Il risultato finale è, perciò, la formazione di un'immagine (per esempio una stella) dai contorni colorati. A tale inconveniente si ovvia ricorrendo ad obiettivi acromatici, apocromatici, che sono composti da più lenti realizzate in vetro di tipo diverso (crown, flint e fluorite ed altri vetri sintetici).

Alluminatura:
procedimento di laboratorio che ha lo scopo di rivestire i componenti di uno strumento ottico destinati alla riflessione della luce (specchio primario, specchietto secondario), con un sottile strato di alluminio o rodio, applicato sotto vuoto e protetti da uno strato di quarzo e monossido di silicio che si prefiggono lo scopo di ottenere il massimo potere riflettente dal componente stesso.

Apertura:
rappresenta il diametro dell'obiettivo (lente o specchio) di uno strumento.
Per la precisione si definisce apertura relativa il rapporto D/F dove D rappresenta il diametro dell'obiettivo ed F la sua lunghezza focale e apertura assoluta il diametro D dell'obiettivo.

Cella
rappresenta in pratica la sede di alloggiamento dello specchio primario. Non è un semplice contenitore, ma un vero e proprio strumento di regolazione che consente di orientare l'asse ottico dello specchio mediante viti di regolazione, ed ha un numero di appoggi per lo specchio stesso che può variare fra 3-6-9-18, in funzione del tipo di vetro e del rapporto tra diametro e spessore dello specchio.

Collimazione
l'operazione che consente di rendere perfettamente coincidenti gli assi ottici di tutti gli elementi dello strumento. Nel caso più semplice di un rifrattore, per esempio, permetterà di rendere coincidente l'asse ottico dell'obiettivo con l'asse ottico dell'oculare. La bontà della resa di uno strumento ottico è strettamente legata a questa operazione.

Coma
è il difetto tipico delle immagini ottenute con uno specchio parabolico. Lo specchio parabolico, infatti, converge esattamente nel fuoco i raggi di una sorgente all'infinito posta esattamente sull'asse ovvero tutti paralleli all'asse ottico dello specchio. Nel caso, invece di sorgenti fuori asse le loro immagini hanno l'aspetto di comete con la coda orientata in direzione opposta al centro dell'immagine e tanto più accentuata quanto più la sorgente e fuori asse.

Configurazione Schmidt
nella sua configurazione classica, il telescopio di Schmidt è costituito da uno specchio sferico sul cui raggio di curvatura è posta una lastra di forma asferica, detta appunto lastra di Schmidt dal nome del suo inventore, per la totale eliminazione dell'aberrazione sferica tipica degli specchi sferici , e con il diametro più piccolo del primario, che funge da diaframma, correggendo coma e astigmatismo assiale. Gli Schmidt classici sono anche detti camere in quanto non consentono l'osservazione visuale degli oggetti celesti, ma solo la loro registrazione fotografica mediante lastre o pellicole poste sul fuoco dello strumento, (che si trova all'interno del tubo) ed appositamente curvate per compensare la curvatura del campo.

Configurazione Newton
in questo tipo di riflettore l'asse ottico dello specchio primario viene deviato di 90° da uno specchietto secondario piano in modo da consentire di osservare le immagini senza intercettare il fascio di luce diretto verso lo specchio stesso. Le dimensioni dello specchietto secondario, per quanto ridotte al minimo, bloccano una parte del fascio di luce incidente diminuendo, in una certa misura, la luminosità teorica dello strumento, ma questo abbassamento di luce è minimo, e specialmente nel visuale può essere trascurato.

Configurazione Cassegrain
in questo tipo di riflettore l'asse ottico dello specchio primario viene deviata di 180° da uno specchietto secondario iperbolico convesso, verso un foro praticato al centro dello specchio primario. In questo caso l'osservazione viene effettuata dal retro dello specchio come in un rifrattore. Lo specchietto, essendo un elemento negativo, ha anche lo scopo di aumentare la lunghezza focale dello strumento, per questa ragione si parla di focale equivalente per distinguerla da quella reale dello specchio primario. Le dimensioni dello specchietto secondario, per quanto ridotte al minimo, come nelle combinazioni Newton bloccano una parte del fascio di luce incidente diminuendo, in una certa misura, la luminosità teorica dello strumento.

Coppia Vite-Corona
rappresenta il ruotismo fondamentale necessario per imprimere all'asse orario del telescopio una velocità di rotazione di un giro in un giorno siderale. È costituito da un motore calettato sull’asse di una vite senza fine che ingrana su una ruota a denti elicoidali calettata sull'asse orario.

Crociera
struttura adatta, nelle combinazioni Newton, a sorreggere lo specchietto piano, posto a 45°. Nei Cassegrain sorregge lo specchietto iperbolico mentre, nelle Baker a fuoco esterno, sostiene uno specchio piano, come nelle combinazioni Astrometriche. Negli strumenti di diametro superiore al metro i bracci di sostegno sono generalmente quattro, disposti a croce, e la diffrazione che creano è poco sentita sul fronte d'onda. Negli strumenti amatoriali la diffrazione che si crea, disturba la visione abbassando il contrasto: in fotografia oltre che creare i classici “baffi”, questa luce diffratta, per effetto di riflessioni secondarie non opportunamente eliminate, nelle lunghe pose tende a velare il fotogramma. Pertanto conviene usare bracci curvilinei di raggio calcolato (vedi strumento2) in modo da “pilotare” la luce diffratta intorno alle stelle, aumentando così il contrasto.

Encoder
ovvero codificatore di dati (il contrario del decoder che, invece, li decodifica). In un sistema di ricerca automatica permette di codificare il minimo angolo di rotazione. In pratica è costituito da una sorta di stella composta da un certo numero di punte, che passando all'interno di un sensore optoelettronico lo oscurano producendo un treno di tensioni che vengono digitalizzate alla frequenza di tanti impulsi a giro per quante sono le punte della stella (maggiore è questo numero e maggiore è la precisione della ricerca).

Flessioni differenziate
chi ricorre, come sistema di guida manuale o automatica, all’uso di uno strumento in parallelo a quello principale, e ambisce ad ottenere stelle ben guidate e puntiformi, deve fare i conti con le famigerate flessioni differenziate. Queste flessioni fanno sì che, anche in presenza di una guida talmente precisa da mantenere la stellina perfettamente centrata per tutta la durata della posa, gli assi dei due strumenti non mantengano costante il reciproco orientamento, dando luogo alla tipica ovalizzazione delle stelle del campo fotografato. Se il telescopio di guida è un rifrattore montato all’interno di una struttura ad anelli, l’origine delle flessioni differenziate è senz’altro riconducibile alle caratteristiche di questa struttura, che può essere troppo esile, o con anelli troppo vicini fra loro o male ancorati alla piastra di sostegno o, infine, troppo grandi di diametro. In questo caso le fastidiosissime flessioni sono causate dalla eccessiva lunghezza delle tre viti a 120° che permettono di centrare lo strumento all’interno degli anelli stessi. Se lo strumento di guida, per esempio un Maksutov, è predisposto per essere montato su un cavalletto, occorre assolutamente evitare di utilizzare la montatura a sbalzo del tipo piggyback, che essendo dotata di regolazione per la ricerca della stella di guida, ha infiniti punti deboli. E’ inutile cercare altrove le cause di insuccesso, la colpa è solo ed esclusivamente dovuta a questo sistema di guida. La regola fondamentale da rispettare, è quella di prevedere due punti di appoggio ben robusti e distanziati fra loro il più possibile. Gli strumenti di guida a specchio in combinazione Cassegrain, Maksutov o Shmidt-Cassegrain etc., grazie alla lunghezza contenuta, si prestano molto bene per essere montati in parallelo per la guida, ma occorre prestare particolare attenzione ad un’altra insidia che si nasconde in questo tipo di strumenti: lo specchio primario, scorrendo sul suo canotto per focheggiare, subisce la deviazione dell’asse ottico. Durante la posa fotografica, inoltre, lo specchio stesso subisce alcuni assestamenti, che diventano più o meno marcati a secondo della disposizione reciproca dello strumento di guida e dello strumento principale. Lo specchio in questo caso dovrà essere munito di blocco, altrimenti sarà preferibile ricorrere ad un rifrattore. Un sistema poco conosciuto, ma molto stabile ed efficace, esente da flessioni, è quello di sistemare saldamente lo strumento di guida allo strumento principale senza le consuete regolazioni. In questo caso lo strumento di guida deve essere abbastanza allineato con il sottostante strumento. Per trovare la stellina di guida, occorre piazzare sul focheggiatore un pianetto traslatore da microscopio, facilmente reperibile ed economico. Questo pianetto, scorrevole su guide a coda con recupero dei giochi, si sposta in tutte le direzioni con appositi pomelli. Se sulla parte mobile, costruendo un adattatore, sistemiamo l’oculare con reticolo, ruotando contemporaneamente i due pomelli possiamo cercare la stella all’interno di un cerchio di circa tre-quattro centimetri (dipende dal diametro del focheggiatore), con lo strumento che rimane statico, garantendo la coassialità dei due strumenti. Questo sistema inoltre obbliga l’operatore a cercare la stellina di guida in prossimità dell’oggetto da fotografare, e questo, come spiegato di seguito rappresenta un ulteriore vantaggio. La maggior parte degli astrofili, infatti, preferisce disassare tutto il tubo all’interno degli anelli. Con questo sistema, di più facile realizzazione, è anche più facile trovare la stella adatta per la guida, spostando lo strumento di due o tre gradi. C’è un solo problema: il risultato finale sarà “un mosso garantito” sicuramente non accettabile, al di là di ogni flessione differenziata. Questo accade perché quando la stellina di guida è troppo lontana dal fotogramma, specialmente se il disassamento avviene in declinazione, si verifica una rotazione di campo proprio intorno alla stellina suddetta che, essendo alcuni gradi fuori campo, rimarrà puntiforme, ma le stelle sul negativo appariranno tutte come dei piccoli segmenti. Generalmente sempre orientati obliquamente rispetto all’ascensione retta. Questo è un altro comune errore da considerare prima di prendere seriamente in esame il problema delle flessioni differenziate.

Gruppo fotografico
il gruppo fotografico a cui si fa riferimento allo strumento 2, è in realtà un concentrato di funzioni. Si può dividere in 2 sottogruppi: la macchina fotografica e il cubo con il flip-mirror. La macchina è di facile realizzazione, ma è molto valida dato che ha un “tiraggio” di soli 2 cm. contro i 5-5,5 delle comuni reflex. Questo dettaglio, non indifferente, permette in pratica di diminuire l’ostruzione centrale dato che il fuoco, che si trova all’esterno, sarà più prossimo al tubo. Anche il pressore della pellicola ha la funzione precisa di immobilizzarla e spianarla per tutto il tempo di posa. Il cubo, già di dimensioni ridotte, oltre allo specchietto mobile per deviare la luce e permettere l’inquadratura, incorpora il correttore di coma. Subito dietro il correttore, al bordo del campo, si trova un piccolo specchietto verticale rispetto al fotogramma, che deviando la luce lateralmente, permette attraverso un oculare l’inseguimento della stella di guida, oppure un qualsiasi sistema d’inseguimento automatico.

Lama di Focault
questo sistema di controllo, riferito al focheggiamento di qualsiasi reflex al fuoco di un telescopio, è senza dubbio il più preciso. Forse da alcuni è ritenuto scomodo, dato che una lamina deve essere posizionata sul piano della pellicola. In alternativa si può costruire un cilindro con la lamina scorrevole già montata, e renderlo parafocale con la reflex (basta un po’ d’ingegno), in modo che una volta focheggiato e tolto il cilindro, si applica la reflex con la pellicola già montata. La difficoltà di questo metodo sta nel fatto di capire che cosa bisogna osservare. A questo proposito ci sono molte discordanze sull’interpretazione di questo sistema, ma naturalmente solo uno è il giusto metodo. Proviamo a fare chiarezza. La lamina dovrà avere la parte piana verso l’obiettivo e lo smusso ben fatto e dritto verso l’occhio. Una volta inquadrata una stella luminosa al centro del campo, con il moto orario inserito, si pone la lamina in modo che sia molto prossima ad intercettare il cono di luce e questo si verifica accostando l’occhio in prossimità della lamina, che non deve, però, oscurare lo specchio. Questa posizione della lamina deve essere mantenuta ferma rispetto alla reflex o al cilindro parafocale. Per esempio, può andare bene un piccolo elastico ben teso. Soltanto ora si può cominciare a regolare il fuoco tenendo conto di lavorare con “ mani di velluto”: con un dito, effettuando una leggerissima pressione dalla giusta parte sul tubo, si farà deviare la stella verso la lamina fino ad oscurare parzialmente lo specchio. In caso di oscuramento totale, lo spostamento effettuato con il dito, risulterà eccessivo. Dato che noi muoviamo la stella e non la lamina, possiamo affermare che appena il cono di luce della stella intercetta la lamina, si crea sullo specchio un’ombra netta che lo copre più o meno a secondo della pressione del dito. Questa copertura è giusta quando arriva a metà. Un’ombra netta che inizia a coprire lo specchio dalla parte della lamina, ci fa capire che siamo in posizione intrafocale rispetto al piano cercato e, viceversa, se l’ombra entra dalla parte opposta, che siamo in posizione extrafocale, ovvero che si è estratto troppo il fuoco. Quando l’ombra copre metà dello specchio si deve agire sul focheggiatore in modo che l’ombra stessa, approssimandosi al fuoco, risulti sempre più sfuocata. Il punto di fuoco migliore si ha quando l’ombra, ormai sfumata in un grigio chiaro, esercitando sempre la pressione con il dito sul tubo, appare entrare lungo tutta la circonferenza dello specchio.

Lastra correttrice
abbinata ad uno specchio sferico, consente di correggere totalmente l'aberrazione sferica introdotta dallo specchio stesso. Posta sul raggio di curvatura dello specchio primario, sarà caratterizzata da una superficie piana o sferica e da una superficie con una forma di quarto grado (ovvero l'equazione che ne definisce il profilo è un'equazione di quarto grado).

Luminosità
rappresenta l'energia luminosa che lo strumento è in grado di concentrare sul suo piano focale per unità di superficie ed unità di tempo. Nel caso di un telescopio di diametro D e focale F, per gli oggetti puntiformi, come le stelle, vale la formula Luminosità = D x D/F, ovvero la luminosità è uguale al diametro per l'apertura relativa. Nel caso, invece, di oggetti estesi, visibili cioè sotto un angolo finito, la luminosità è data da D/F, ovvero la luminosità è uguale all'apertura relativa.

Lunghezza d'onda
la luce si sposta nello spazio a velocità finita (c) (circa 300.000 Km/sec.) sotto forma di un treno di onde. La distanza che separa due picchi o due valli di queste onde viene detta lunghezza d'onda (L). Tra c e L vale la relazione c = L x f in cui f rappresenta la frequenza, ovvero l'inverso del tempo, che la luce impiega a descrivere una singola onda, ovvero il numero di onde descritte in un secondo. La formula vale per ogni tipo di radiazione elettromagnetica, di cui la luce, intesa come radiazione percepita dall'occhio umano, rappresenta un ristretto sottoinsieme.

Metodo di Ronchi
ideato nel 1922 e ancora oggi uno dei migliori metodi, "consiste nel posizionamento, in prossimità del fuoco, di un reticolo di diffrazione (in pratica una serie di righe parallele opache alternate righe trasparenti). Il reticolo scompone l'onda che lo attraversa in tante onde diffratte di cui quella centrale (o di ordine zero) continua sulla traiettoria che avrebbe seguito se non avesse incontrato il reticolo; le altre invece sono deviate, ciascuna rispetto a quella contigua, di un angolo B=L x m, essendo m la frequenza del reticolo, ossia il numero di tratti compresi in 1 mm. In generale si considerano soltanto le onde di primo ordine, una a destra e una a sinistra dell'onda centrale. Se la frequenza m è inferiore ad un certo limite, che varia a seconda dell'apertura angolare dell'obiettivo, le onde diffratte si sovrappongono e danno luogo a frange di interferenza, la cui forma dipende dalla forma dell'onda e dalla posizione del reticolo rispetto al fuoco" (V. Ronchi). Applicando con rigore le specifiche indicate, il metodo permette di compiere stime quantitative degli errori di lavorazione in termini di frazione di frangia. Non sono, infatti, per nulla d'accordo con l'idea che il metodo di Ronchi, spesso sostenuta anche su scritti autorevoli, consenta di giudicare le lavorazioni delle ottiche soltanto qualitativamente. È pur vero, però, che il controllo effettuato con reticoli a bassa frequenza (es. 10-15 tratti per millimetro) non permettono di avvicinare il reticolo al piano focale perché le frange appaiono troppo larghe e sfuocate e di conseguenza il collaudatore è costretto a tenere il reticolo più lontano dal fuoco sottovalutando l’errore reale, magari in buona fede. Così facendo dichiara, però, una tolleranza di lavorazione al posto di un’altra, sempre sopravalutando la correzione ottica.

Moto orario
è il movimento impresso, mediante motorizzazione, all'asse orario del telescopio in modo da fargli compiere una rotazione in un giorno siderale e quindi annullare la rotazione apparente della volta celeste. Il dispositivo di motorizzazione è realizzato in modo da permettere anche, in sovrapposizione al moto orario, movimenti micrometrici per le correzioni e un movimento rapido per il puntamento dello strumento su oggetti celesti. Il moto orario deve essere, infine, regolabile per la compensazione di eventuali difetti nei rapporti di riduzione o l'inseguimento di oggetti celesti veloci (comete, Sole, Luna etc.).

PEC
acronimo che sta per Periodic Error Correction, indica la possibilità di correggere l'errore periodico. Nei telescopi di ultima generazione il PEC è costituito da un software, implementato nel programma di controllo del telescopio stesso, che dopo una fase preliminare di apprendimento, che consiste nella memorizzazione delle correzioni di inseguimento effettuate durante uno o più giri della vite senza fine, è in grado di ripeterle automaticamente nel corso di una ripresa fotografica o osservazione. Occorre dire che l'errore periodico non è perfettamente riprodotto ad ogni giro in quanto influenzato anche dalla non perfetta lavorazione della corona.

Periodismo
si tratta di un errore meccanico che caratterizza il ruotismo vite-corona e che viene espresso in secondi d'arco. Per effetto di tale errore, infatti, l'accelerazione e la decelerazione periodica del moto orario provocano un errore angolare di puntamento della stella che in pratica, per esempio nel caso di una fotografia, si traduce in una scia luminosa anziché in un'immagine puntiforme. Contrariamente a quanto si sente dire, una piccola eccentricità della vite senza fine ha poca influenza sull'errore periodico. Predominante è, invece, l'errore di passo che, nonostante l'uso di viti rettificate, non consente di raggiungere una precisione superiore elevata. In teoria questo errore si dovrebbe ripetere in modo identico ad ogni giro della vite senza fine, ma a causa dei difetti di lavorazione presenti anche nella corona questo non è del tutto vero. Il vero errore periodico (che si aggiunge o si sottrae all’errore di passo) sta nel fatto che la vite appena impegna il dente della corona, lavora con un raggio maggiore della corona stessa, ( il moto rallenta) rispetto a quando il dente è impegnato interamente dentro la gola lavorando con un raggio più corto (il moto accelera), per poi nuovamente rallentare quando il dente è in uscita e sta per entrare il prossimo. Possiamo dire che l'errore a giro di vite è quello di misura prevalente.

Profondità di fuoco
spazio entro il quale l’immagine appare mediamente nitida.

Ricerca automatica
in un sistema dotato di ricerca automatica degli oggetti celesti, un computer controlla lo spostamento angolare dello strumento su entrambi gli assi (Ascensione Retta e Declinazione). Nei sistemi più semplici, il telescopio invia direttamente al PC gli impulsi corrispondenti ai minimi spostamenti angolari che il computer è incaricato di tradurre in posizioni assolute partendo da una stella di riferimento opportunamente selezionata all'inizio della sessione di osservazioni. I telescopi amatoriali di ultima generazione sono dotati di dispositivi di ricerca automatica integrati nelle montature e predisposti per poter dialogare con i PC secondo standard universalmente riconosciuti e compatibili con i più diffusi programmi di visualizzazione delle carte stellari.

Sbordatura
la sbordatura, o bordo ribattuto, è un difetto di lavorazione principalmente relativo agli specchi piani, sferici, parabolici ecc. dato che lavorano a diametro pieno, senza essere diaframmati, e che interessa, da cui il nome, il bordo dell’elemento ottico. Per mettere in evidenza questo difetto è possibile utilizzare il metodo della Lama di Focault o il metodo di Ronchi. Usando una stella luminosa e la lama di Focault, utilizzata come per focheggiare le reflex, lo specchio visto dal punto di miglior fuoco, quando la lamina intercetta il cono di luce, si oscura parzialmente lungo metà della sua circonferenza. L’altra metà ci appare come una piccola falce di Luna, molto luminosa, di uno o due giorni di età. Con test di Ronchi, invece, le frange d’ombra nel tratto della sbordatura saranno convergenti una contro l’altra se osservate in posizione intrafocale. Quando esiste questo difetto, misurando dalla circonferenza esterna dello specchio al punto in cui le frage d’ombra cominciano a piegarsi, si stabilisce la larghezza del diaframma che dovrà coprire lo specchio per renderlo utilizzabile. Il difetto di lavorazione in questione, è molto fastidioso e degrada molto l’immagine, dato che i raggi luminosi, relativi a tutto il bordo ribattuto, sono focalizzati ben oltre il fuoco medio.

Superficie asferica
una superficie asferica, come si evince dal nome, è un profilo che si distacca dalla forma sferica in modo più o meno accentuato, a seconda dell’aberrazione che si vuole correggere. Questa asfericità serve ad introdurre sul fronte d’onda incidente un’aberrazione uguale, ma di segno contrario, a quello che si vuole eliminare.

Telescopio
Nella storia dell’astronomia il telescopio ha rappresentato l’innovazione tecnologica fondamentale, che ha portato ad innumerevoli scoperte nella finestra ottica dello spettro elettromagnetico. Dal primo cannocchiale ideato da Galileo Galilei, si è arrivati ai grandi telescopi a specchi multipli da 10m. di diametro e a specchi rotanti liquidi, costituiti da mercurio, ed infine, all’Hubble Space Telescope lanciato in orbita intorno alla Terra. Esistono molti tipi di telescopi, ma si può affermare che tutti appartengono a due grandi categorie: telescopi rifrattori e telescopi riflettori. La categoria dei rifrattori, cui apparteneva anche il cannocchiale di Galileo, comprende tutti gli strumenti che permettono di raccogliere la luce rifratta degli oggetti, in un punto ideale denominato fuoco. La categoria dei riflettori comprende, invece, tutti gli strumenti che permettono di raccogliere sul fuoco la luce degli oggetti riflessa da uno specchio, denominato specchio primario. Esistono molti schemi ottici nei riflettori. Tra questi vale senz’altro la pena di ricordare lo schema concepito da Isaac Newton (considerato l’inventore dei telescopi riflettori) e per questo chiamato Newtoniano. Indipendentemente dalla categoria di appartenenza, la luce raccolta sul fuoco, viene osservata attraverso un’altro sistema di lenti (più o meno complesso) denominato oculare, che ha il compito di ingrandire ulteriormente l’immagine che si forma sul piano focale, per permettere all’occhio umano di distinguere i particolari più fini. Il fattore di ingrandimento del telescopio è dato dal rapporto tra la lunghezza focale F dell’obiettivo (o specchio) e la lunghezza focale f dell’oculare, intendendo per lunghezza focale la distanza tra l’obiettivo (o l’oculare) e il piano focale, secondo la formula seguente: I = F/f dalla quale risulta evidente che, a parità di F l’ingrandimento cresce al diminuire della lunghezza focale dell’oculare. Ecco perché il corredo di un telescopio prevede più di un oculare. Un altro parametro caratteristico di un telescopio è il suo potere risolutivo (Pr), definibile come l'angolo minimo al di sopra del quale le immagini di due punti sono ancora separate. Questo parametro è inversamente proporzionale al diametro D dell’obiettivo (o specchio) secondo la formula seguente: Pr = (1,22 L)/ D (espresso in radianti) dove L rappresenta la lunghezza d’onda nella quale si osserva. Dato che le osservazioni visuali, vengono effettuate quasi sempre in luce bianca, la formula può essere ridotta alla semplice uguaglianza: Pr = 120/D. Di conseguenza, il potere risolutivo di uno strumento di 200mm. risulta essere di 0,6 secondi d’arco: ovvero il raggio del disco di Airy, non il diametro come alcuni sostengono. Potere risolutivo e ingrandimento di un telescopio sono strettamente correlati tra loro secondo la formula seguente: I = Pr (occhio) / Pr (strumento) che esprime l’ingrandimento massimo oltre il quale non conviene spingersi, in quanto non si aumenterebbe il dettaglio. In pratica, però, per le stelle doppie, dove interessa solamente la separazione angolare, l’ingrandimento limite può essere ampiamente superato. Poiché il potere risolutivo di un occhio perfetto misurato di giorno (quando la pupilla è prossima a 2mm.) è di circa 60” secondi d’arco, mentre non lo è durante l’osservazione notturna, quando per effetto della dilatazione della pupilla, scende a 80”-120”, sempre nel caso di un 200 mm. l’ingrandimento limite per le osservazioni diurne sarebbe di circa 100 x, mentre per quelle notturne salirebbe a circa 160 x. Questi valori sono del tutto teorici in quanto il potere risolutivo di un telescopio è notevolmente condizionato da numerosi fattori limitativi, primo tra tutti quello dovuto alla turbolenza dell’atmosfera terrestre che, nella migliore delle ipotesi (salvo eccezioni), limita il potere risolutivo a circa 1 secondo d’arco. Per indicare la bontà di una serata osservativa gli astronomi usano il termine inglese di seeing quantificato proprio in secondi d’arco. Detto questo, le tecniche di lavorazione delle ottiche dei telescopi si sono notevolmente evolute nel tempo e sono stati costruiti esemplari di rifrattori e riflettori di dimensioni sempre maggiori. Data la notevolmente maggiore semplicità di lavorazione ottica dei riflettori rispetto ai rifrattori, gli osservatori professionali hanno preferito investire sui telescopi a specchio costruendone di dimensioni sempre maggiori. Ecco come, nel Sidereus Nuncius Galilei, dopo avere appreso della fabbricazione da parte di un olandese di un occhiale che avvicinava gli oggetti distanti come fossero vicini, descrive l'invenzione e la costruzione del primo cannocchiale: "...invenzione che conseguii poco dopo," siamo verso la fine del 1609 "fondandomi sulla dottrina delle rifrazioni. E prima di tutto mi preparai un tubo di piombo, alle cui estremità applicai due lenti, ambedue piane da una parte, dall'altra invece una convessa ed una concava; accostando poi l'occhio alla concava, scorsi gli oggetti abbastanza grandi e vicini e nove volte più grandi di quando si guardavano con la sola vista naturale...Finalmente, non risparmiando fatica ne spesa alcuna, sono giunto a tanto, da costruirmi uno strumento così eccellente, che le cose vedute per mezzo di esso appariscano quasi mille volte più grandi e più di trenta volte più vicine che se si guardino con la sola facoltà naturale". È interessante notare che quando Galileo parla di ingrandimento intende il quadrato di I ovvero il rapporto tra le superfici. Ecco come, nella stessa opera, descrive le caratteristiche di uno strumento adatto alle osservazioni astronomiche: "È necessario in primo luogo che si procurino un cannocchiale perfettissimo il quale rappresenti gli oggetti...e che li ingrandisca almeno di quattrocento volte...Per stabilire poi con poca fatica l'ingrandimento dell'apparecchio, si tracci il contorno di due circoli o di due quadrati di carta, di cui uno sia quattrocento volte maggiore dell'altro, il che si avrà quando il diametro del maggiore sia venti volte più lungo del diametro dell'altro; di poi da lontano si guardino simultaneamente ambedue le superfici affisse ad una medesima parete, ma la minore con un occhio applicato al cannocchiale, la maggiore con l'occhio libero (il che si può fare comodamente in un medesimo tempo con tutti e due gli occhi aperti); e allora ambedue le figure appariranno della medesima grandezza, se l'apparecchio moltiplicherà gli oggetti secondo la proporzione desiderata."